25 novembre: una riflessione


Scritto da Silvia Giada Di Maggio, Presidente del Consiglio di Torretta


Il 25 novembre ho voluto riservare un momento prima dell’inizio dei lavori d’aula per riflettere insieme ai consiglieri, alla giunta, alle operatrici di Casa Gioi e ai cittadini intervenuti sul tema della violenza di genere. Credo fermamente che il nostro compito, da amministratori ma prima ancora da cittadini, sia quello di affrontare il tema della violenza sulle donne, in quanto donne, come una priorità. La matrice della violenza è culturale, ma non intendo riferirmi alla cultura legata alla scolarità. Parlo di un problema culturale profondo, radicato nei retaggi della nostra società.

Non possiamo pensare che la violenza, sia essa attiva (da parte del carnefice) o passiva (subita dalla vittima), riguardi solo chi è economicamente o socialmente vulnerabile. La violenza di genere non è limitata a determinati contesti o ceti sociali. Colpisce tutte le donne, indipendentemente dal loro status sociale, culturale o economico, e può essere perpetrata anche da uomini in posizioni privilegiate. Purtroppo, è un fenomeno che travolge la vita di molte donne, senza distinzioni.

Il tema proposto dalle Nazioni Unite quest’anno è “Nessuna scusa”; è fondamentale ribadire che non esistono giustificazioni alla violenza. Troppe volte siamo costrette a sentire scuse o domande retoriche, anche nelle aule di tribunale. Non voglio entrare nel merito del diritto alla difesa personale, giustamente garantito dalla nostra Costituzione, ma mi riferisco anche alle frasi fuori dalle aule di tribunale, quelle che cercano di attribuire alla donna la colpevolezza: “Lei l’ha provocato”, “Se l’è cercata”, “Però sembrava che stesse godendo”.

Serve una rivoluzione culturale che parta dal rispetto, tanto nel linguaggio quanto nei comportamenti. La rivoluzione parte da noi, dal nostro impegno quotidiano nel garantire che questo processo educativo attecchisca negli ambienti che frequentiamo: dalla parola e dal gesto quotidiano, con una collega, una moglie, una sorella, un’amica. Come amministratori, abbiamo la responsabilità di dare l’esempio, di educare le nuove generazioni al rispetto, ma anche di correggere le vecchie generazioni ancora ancorate a schemi patriarcali. Dobbiamo tutti imparare a riconoscere e rispettare la dignità di ogni individuo, al di là del genere.


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