I morsi di Cracolici: cronaca di una scena epica
Testo e foto di Francesco Cipriano
Siamo a Torretta, nella centrale piazza, dove sorge il Palazzo del Comune recentemente ristrutturato e che ora sta per essere inaugurato. Un evento a cui partecipano, come da rito, le autorità civili, militari e religiose: ci sono quindi l’Amministrazione Comunale, il parroco del paese, i Carabinieri, Polizia Municipale e Protezione Civile; sono stati invitati anche l’Assessore regionale Alessandro Aricò, l’Onorevole Vincenzo Figuccia, il Presidente della Commissione Antimafia all’ARS Antonello Cracolici; e ancora i sindaci del comprensorio. Sorridono tutti e sorride pure Cracolici, ancora ignaro che quei denti molto presto saranno protagonisti di una delle scene più epiche che si siano viste qui negli ultimi tempi.
Il Palazzo del Comune ha una storia travagliata: costruito nel 1970 dalla ditta Guercia, inizialmente l’edificio era composto da un piano terra e un primo piano, stile semplice e lineare, nulla di trascendentale ma funzionale al suo scopo. Poi arrivarono gli anni ’80 portando una ventata di crescita e di trash: fu così che durante l’amministrazione di Pino “Piddu Cirinu” Caruso si pensò bene di ampliare il palazzo comunale costruendovi un terzo piano che potesse ospitare altri uffici oltre all’aula consiliare. Dall’idea alla pratica però qualcosa andò storto, perché il risultato fu quantomeno discutibile: una specie di gabbia a chiudere l’edificio originale, con degli enormi pilastri color rame a sostenere un terzo piano ferroso e plasticoso. E così il palazzo comunale di Torretta divenne forse uno dei più brutti di tutta la provincia.
Poi arrivò l’amministrazione guidata dal sindaco Salvo Gambino che riuscì a ottenere un finanziamento per la ristrutturazione del Comune, lavori che furono effettuati però sotto la supervisione dei commissari prefettizi, subentrati nel frattempo a Gambino in seguito allo scioglimento del Consiglio Comunale, per concludersi 20 giorni prima dell’elezione dell’attuale Sindaco. Nel frattempo gli uffici comunali erano stati trasferiti negli spazi sottostanti il Belvedere, una situazione che avrebbe dovuto essere temporanea. Ma una volta eletto, il Sindaco Scalici, da architetto appurò che “alcuni lavori del Palazzo Comunale non erano stati fatti a regola d’arte” e ne ordinò il completamento. Altri due anni e mezzo di attesa, fino a oggi.
C’è aria di festa, in quest’ultimo martedì di maggio. La piazza è stata arricchita dalle fotografie del paese realizzate dai ragazzi che hanno partecipato a un workshop fotografico; c’è una lunga tavola addobbata di dolci; a dirimpetto, sul muro sopraelevato della piazza, si scorge una piccola rappresentanza della Banda Cittadina che suona l’Inno d’Italia e musica allegra. Ma il Maestro Joe Vitale allegro non lo è per niente: ha il viso pietrificato, si limita a suonare senza partecipare emotivamente alla festa. Forse la ragione si può individuare in un messaggio pubblicato su Facebook giusto qualche ora prima, in cui il Professore Vitale si lamentava del fatto che nonostante la promessa fattogli dal sindaco, le parole dell’Inno di Torretta, composte per l’appunto da Vitale, non sarebbero state stampate in gigantografia per essere esposte all’interno del Palazzo comunale. Un affronto per il Professore Vitale, che si tiene a debita distanza e da quella distanza fa giungere le note della sua musica.
Ci sono quasi tutti, ma manca il Sindaco: l’Architetto Damiano Scalici si fa aspettare. Quand’ecco che arriva, completo blu e occhiali da sole, stringe mani e bacia guance: d’altronde è il suo giorno, sta per inaugurare il Palazzo del Comune e ha invitato ospiti illustri per partecipare all’evento.
Dal balcone il tenore Piero Lupino intona “Con te partirò”, quindi prende la parola il Sindaco che pronuncia un breve discorso, ricorda la seconda inaugurazione degli anni ’80, quando lui era consigliere. Si dice emozionato, ringrazia i presenti e lascia la parola a Don Giuseppe Gradino, il parroco di Torretta, che benedice, declama l’Ave Maria e il Padre Nostro che i presenti recitano all’unisono, quindi cosparge l’Amministrazione e il portone del Comune con acqua santa: una benedizione sempre gradita e necessaria, visto che negli anni ‘sto Comune ha avuto così tante sfighe che servirebbe un idrante invece dell’aspersorio e i Ghostbusters al posto del parroco.
Dopo la benedizione è arrivato il momento più atteso e simbolico: il taglio del nastro. Un bel nastro tricolore con un grosso fiocco al centro, tenuto in tensione da due alberelli posti ai lati. Il Sindaco Scalici allora, mosso dal fair play, cede la sua fascia tricolore al consigliere Daniele Vitale, che per una malattia è costretto su una sedia a rotelle. D’altronde l’accessibilità al nuovo Palazzo Comunale è stata pensata anche per chi ha problemi motori, una battaglia portata avanti dallo stesso Vitale insieme alla Presidente del Consiglio Silvia Di Maggio.
Il consigliere Vitale si ritrova quindi la fascia tricolore al petto, dinanzi a se ha il nastro tricolore, l’entusiasmo è palpabile, tutti aspettano il taglio del nastro, ma è a questo punto che lo sguardo del consigliere Vitale diventa perplesso: come lo dovrebbe tagliare quel nastro? Dall’entusiasmo passa in un attimo alla confusione, volge il capo verso il Sindaco Scalici e gli chiede: “Ma le forbici dove sono?”.
Il Sindaco Scalici lo rassicura: “Ma no, non servono, basta sciogliere il nodo”.
Allora Vitale prende per buone le parole del Sindaco e tenta di sciogliere il nodo del nastro, ma invano: nel tentativo fa barcollare i due alberelli a cui è attaccato il nastro, che quasi gli cascano addosso. Allora da dietro, con delicatezza, interviene in suo aiuto il Sindaco Scalici che prova a sua volta a sciogliere il nodo. Ma anche il suo tentativo va a vuoto. Passano i secondi, l’atmosfera da festosa inizia a farsi tesa, cresce un lieve imbarazzo. D’altronde era stato tutto preparato alla perfezione, sono state invitate le autorità, c’è la musica della banda: e giusto giusto nel momento più simbolico, ecco che qualcosa va storto.
Ma a salvare la situazione ci pensa il Presidente della Commissione Antimafia, l’Onorevole Antonello Cracolici. Osserva la scena e inizialmente non muove un dito, sorride e sta ad aspettare. Poi lo si vede tentennare, allungare timidamente le mani verso il nastro per rendersi utile: non vuole rubare la scena ma non riesce nemmeno a stare inerme mentre quel nastro si ostina a non farsi sciogliere. Allora Cracolici, da vecchio squalo della politica, pensa bene di usare i denti: e così piega il busto in avanti, si porta alla bocca un lembo di nastro e serrando i denti tenta di praticare un piccolo squarcio che gli permetta di strappare il resto del nastro con le unghie. Ma il primo tentativo non funziona. Allora Cracolici si piega una seconda volta e per una seconda volta morde il nastro dinanzi allo sguardo meravigliato del Sindaco Scalici e accompagnato dalla fragorosa risata della Presidente Di Maggio. Ma il nastro ancora non si spezza, allora Cracolici a questo punto perde la pazienza e si scatena in una serie di micro morsi in rapida successione, come una iena sulla sua preda, alternando i morsi a piccoli soffietti per sputare via dalla bocca i filamenti del nastro. Ed è così determinato, il Presidente Cracolici, che alla fine ci riesce a tagliare il nastro: non con le forbici, non con le mani, ma a morsi, letteralmente.
Una scena epica come non se ne vedevano da tempo. Una scena degna de “Lo squalo” di Spielberg o di “L’alba dei morti viventi” di George Romero. Un siparietto che nemmeno un geniale pubblicitario avrebbe potuto immaginare: Antonello Cracolici testimonial della Kukident.
Il Sindaco Scalici entra in Comune spingendo la sedia a rotelle del consigliere Vitale: entrambi hanno un sorriso incredulo stampato in faccia.
“È un messaggio, un messaggio…” commenta divertita Silvia Di Maggio.
Chissà se sfrutteranno quest’opportunità, i dirigenti del PD, cambiando il nome da Partito Democratico a Partito Dentale: l’Antimafia dai denti stretti, incisiva perché fatta con gli incisivi.
La politica non più dei finti sorrisi, ma dei morsi.