La stoffa del sarto: intervista a Francesco Maniaci


Scritto da Vanessa Leone


Classe 2002, fisico asciutto e un look atipico per un giovane poco più che ventenne.

Impossibile non rimanere attratti dallo stile e dai modi di questo giovane uomo che si distingue tra i suoi coetanei a partire dalla scelta professionale che ci ha portati a fermarlo per farci raccontare tutto su uno dei mestieri più nobili e antichi al mondo: il sarto.

Francesco Maniaci è cresciuto a Cinisi, ha frequentato le strade e le scuole di questo piccolo centro che si sforza di trattenere i suoi migliori talenti e finisce spesso per perderli come piume al vento. E infatti i suoi passi di ragazzino curioso sempre con la macchina fotografica al collo si erano smarriti anche agli occhi dei più attenti frequentatori dei “salotti” cinisari, per ritrovarlo nei panni (e che panni!) di un giovane talentuoso che ultimamente ha ricominciato a vivere la sua Cinisi.

Non potevamo farci scappare l’occasione di mostrare il dietro le quinte di un successo senza pari che vediamo brillare sui suoi canali social, ma che porta ormai addosso e ha la forma degli abiti che veste.

“Sono sempre stato affascinato dalle cose che si possono realizzare da sé, e ho avuto sin da piccolo il pallino di costruire: che si trattasse di pc, di meccanica…l’arte del far nascere le cose assemblandone le parti è sempre stata una mia inclinazione naturale. All’età di 16 anni ho accompagnato un cugino in una sartoria per scegliere l’abito per il giorno delle nozze e sono rimasto incantato dalla precisione e dalla cura dei dettagli con cui ogni millimetro del corpo veniva preso in esame” inizia a raccontare Francesco.

E da quel momento, ancora alle prese con gli studi superiori all’istituto tecnico industriale, comincia a prendere forma quel senso del gusto che lo porta ad abbonarsi a una rivista di eleganza classica, che sarà lo stargate che lo catapulterà nel futuro attraverso il ripristino degli antichi valori del “fatto a mano”.

“In un numero della rivista leggo un articolo dedicato a un sarto di Milano di soli 28 anni che cercava giovani da istruire sul mestiere, e ho visto in questo annuncio un’occasione da non perdere. Così, mentre mi avviavo nel mondo accademico di Economia e Finanza, ho dato un calcio a tutto e mi sono fiondato a Milano, sotto l’ala protettrice di questo Maestro. Dopo una settimana avevo già realizzato che questo sarebbe stato il mio mestiere!”

E ci resta un intero anno, Francesco, nella grande Milano. E scopre che quello della sartoria è un mondo in mano a gente anziana che ha iniziato e vissuto questo lavoro come produzione, e non come arte. E la fatica con cui hanno imparato i segreti di ogni operazione di sartoria li ha portati a essere molto gelosi della tecnica e dello stile, a tal punto da far scoraggiare chiunque volesse intraprendere questa strada. Ma non Francesco che, tornato a casa, inizia a lavorare alla Sartoria Crimi di Palermo come aiutante, mentre sogna l’Accademia Nazionale Sartori di Roma.

“Vengo a sapere di una borsa di studio per entrare nella scuola di sartoria più rinomata d’Italia e decido di partecipare. Vinco superando gli esami del secondo anno e resto lì due anni e mi porto a casa tanta tecnica ma soprattutto stile” ci racconta con una leggera luce ancora viva negli occhi mentre tira fuori la pipa e poggia sul tavolino una piccola latta di tabacco che si abbinano alla perfezione con la sua camicia delicata con le iniziali ricamate, ma che fanno a pugni con la TT 350 con cui lo avevo visto arrivare qualche minuto prima.

Il ragazzo è originale, nei fatti e nei concetti che continua a condividere con noi, rasserenati da uno spiraglio di speranza che il futuro passa anche dalla mani di giovani come Francesco: “La sartoria è arte, non è un lusso come spesso si pensa. Purtroppo sono stati gli anni ’80, gli anni del consumismo, a far morire l’artigianato lasciando spazio alle fabbriche dell’abbigliamento in serie, e questo vuoto generazionale ha portato oggi a un abisso tra i maestri molto avanti negli anni e gli allievi completamente sprovveduti e senza punti di riferimento vicini a loro. Adesso è risorta la sartoria grazie alla tenacia di chi sa che le cose eleganti sono discrete, che la sartoria lavora sui millimetri mentre la moda non cura neanche minimamente i dettagli”.

Si vede che ci crede davvero, che la lampadina immaginaria sulla sua testa è sempre accesa e aumenta la potenza quando racconta di ciò che ha fino ad oggi imparato e di quello che vuole ancora imparare.

“Ogni abito è il risultato di 50% di tecnica e di 50% di stile, di linee curve precise disegnate, realizzate e confezionate sempre a mano, perché una giacca sartoriale è plasmata sul tuo corpo e deve essere un indumento che dimentichi di avere”.

Si dedica agli abiti per uomo, e nasce spontanea la curiosità del perché abbia scelto questo genere.

“Questo è un mondo dove più ti settorizzi, più fai bene: ad esempio adesso che sono tornato a lavorare alla sartoria Crimi, posso dirti che abbiamo l’asolaia che si occupa solo ed esclusivamente di occhielli. Ma ho intenzione, una volta che mi sarò specializzato nei modelli maschili, di intraprendere anche un percorso di sartoria femminile che è completamente diverso ma altrettanto affascinante!”

Francesco parlerebbe per ore dell’arte che lo ha completamente rapito e gli chiediamo se sia facile “stare al mondo” di oggi con un profilo professionale che porta inevitabilmente a guardarsi indietro, e la risposta porta a quella riflessione per la quale “l’impresa eccezionale è essere normale”.

“Il mestiere del sarto incide sulla vita sociale: dopo una giornata in sartoria torno a casa e mi metto a cucire nel mio piccolo laboratorio dove studio e perfeziono le cose che confeziono per me, e non va bene. Importante, se non addirittura necessario, è mantenere un equilibrio che ti permette di metterti al pari con gli altri in termini di vita sociale. Il sarto di oggi deve viaggiare, conoscere le lingue, essere presente a tutte le manifestazioni del settore per potersi confrontare. Ma soprattutto deve essere capace di tramandare i segreti di quest’arte affinché i 200 sarti che oggi esistono sul territorio nazionale possano moltiplicarsi negli anni a venire”.

Lui ci crede, e noi con lui. Senza volerlo ci viene facile fare un modesto paragone col mestiere dello scrittore: è colui che mette insieme i pezzi per dare armonia al corpo di un testo che sappia esaltare l’oggetto della scrittura trasformandolo in soggetto unico che venga riconosciuto per stile e forma, cura dei dettagli e innovazioni continue.

In questo caso non vi sono state difficoltà: quando la stoffa è buona, il sarto lavora facile!


Foto di Francesco Cipriano


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