Lo sguardo del Caino: il racconto dell’incontro con il boss Lo Piccolo


Scritto da Francesco Cipriano

6 marzo 2025


Uno sguardo che incuteva paura, di quelli che ti entrano dentro. Uno sguardo che a distanza di vent’anni ancora viene ricordato. 

Lo sguardo di un boss che ordinava un omicidio per poi dare la caccia all’uomo colpevole di non aver commesso il delitto. 

A raccontare l’episodio è Umberto Ferrigno, arrestato nell’ultima operazione dei Carabinieri insieme a Giuseppe Stanzione con l’accusa di essere al vertice del clan di Cinisi. Nel dialogo non viene fatto nessun nome, ma vi sono riferimenti a una persona chiamata “fratello” e a un torrettese chiamato “Caino”.

Secondo gli inquirenti i due stanno chiaramente parlando di Gaspare Di Maggio, boss di Cinisi all’ergastolo, e degli ergastolani Salvatore e Sandro Lo Piccolo, padre e figlio, al tempo capi mandamento che regnavano in questo territorio e su mezza Palermo. 


Un’espansione territoriale, quella dei Lo Piccolo, che aveva scatenato una faida tra la fine degli anni ‘90 e gli inizio del 2000, lasciando una scia di lupare bianche e omicidi - alcuni dei quali ancora irrisolti - nel comprensorio che va da Torretta a Carini fino a Cinisi e Terrasini. 

Come Peppone Di Maggio, figlio di Procopio e fratello di Gaspare, che era scomparso nel nulla per poi essere ritrovato alcuni mesi dopo nel mare di Cefalù. Del suo omicidio i Lo Piccolo sospettarono Giampiero Tocco, carnezziere di Terrasini, che fu rapito in circostanze drammatiche davanti alla figlia da finti poliziotti che avevano inscenato un posto di blocco. La bambina venne risparmiata, Tocco venne trasportato in un villino a Torretta dove Lo Piccolo lo interrogò prima di strangolarlo. 

L’ultimo sguardo che Tocco vide prima di morire fu quello del boss e killer Salvatore Lo Piccolo. 

Uno sguardo che altre vittime avranno visto prima di morire e di cui anche i mafiosi avevano paura.

“U travagghiu”

Ferrigno e Stanzione si trovano in auto insieme a un terzo soggetto quando Stanzione fa riferimento a un suo cugino. Proprio questo cugino di Stanzione, secondo quanto racconta Ferrigno, avrebbe rischiato di essere assassinato da Lo Piccolo. 

“Noooo è grazioso solo che è... è stupidetto, però è grazioso, te l'ho detto io…” dice Ferrigno del cugino di Stanzione. “Vedi che con quello ha rischiato di farsi ammazzare... perché quello non ci pensa due volte, non ci pensava. Vedi che Caino, Caino forte”.

Per proseguire poi con un riferimento a una vicenda in cui Lo Piccolo avrebbe commissionato un omicidio a un soggetto non identificato. A tre giorni dalla data prefissata, non essendo avvenuto il delitto, lo stesso Lo Piccolo sarebbe stato intenzionato a uccidere l’uomo a cui aveva dato l’incarico. 

Racconta Ferrigno: 

“A un ragazzo gli ha detto... gli ha preparato tutte cose, glieli ha dati, gli ha dato il tre virgola otto (3,8 n.d.r.) e gli ha detto: "il tizio!" … "ok!" .. doveva succedere il venerdì e il lunedì lo cercava perché non aveva fatto niente e lo cercava per farglielo a lui u travagghiu…(il lavoro, n.d.r.)”

Lo sguardo radiografico che scippava i vuredda

Il dialogo prosegue e Ferrigno racconta di come suo “fratello” (che secondo gli inquirenti va individuato nell’ergastolano Gaspare Di Maggio) lo avesse preparato all’incontro, spiegandogli il potere di Lo Piccolo di mettere in soggezione i suoi interlocutori con il solo sguardo.  

“Ma intanto questo ha quattro ergastoli” racconta Ferrigno “Pinu', lui il vecchio, ti parlava… ti guardava… l'ho incontrato due volte...lo sapeva, Pì... Pì, con me mi guardava…“Il "fratello" me l'ha detto dice: "Vedi che ti... ti "scippa i vurerra" (ti strappa le budella, n.d.r.) dice "ti guarda" dice "e ti fa la radiografia".

"Eh, e qual è il problema... io questo sono, se gli piaccio gli piaccio, se non gli piaccio”.

Tenere alla famiglia

Umberto Ferrigno racconta quindi a Stanzione e al terzo soggetto presente in auto dell’incontro avuto con quello che la Procura indica come il boss Salvatore Lo Piccolo. Un dialogo che effettivamente sembra rispecchiare il famoso decalogo delle regole degli uomini d’onore trovato tra le carte di Lo Piccolo. 

Ecco il dialogo che Ferrigno avrebbe avuto con il boss di San Lorenzo. 

"Come stai, stai bene?" chiese Lo Piccolo.

"Si" gli rispose Ferrigno.

"A casa a posto?" .. 

"A posto" …

"Alla famiglia ci tieni?" chiese Lo Piccolo

“Ci ho sempre tenuto” gli ho detto” rispose Ferrigno.

"A posto" dice: "lui lo sa" dice "quello che deve fare"

"So che vi chiamate fratelli?" chiese ancora Lo Piccolo riferendosi a Gaspare Di Maggio.

"Sì, perché è come se fosse mio fratello" gli rispose Ferrigno.

"A posto" concluse Lo Piccolo.

“E basta e mi ha licenziato…” spiega Ferrigno agli altri due.

La solitudine del Torrettese

Il dialogo prosegue e offre agli investigatori ulteriori elementi per identificare in Salvatore e Sandro Lo Piccolo i due “Caini” a cui fanno riferimento Ferrigno e Stanzione. Lo deducono dal riferimento a Torretta, paese di origine dei Lo Piccolo. 

“No, però erano tutti e due Caini, padre e figlio Caini..” commenta Stanzione. 

“Molto, molto…” conferma Ferrigno, che rimarca ancora il potere intimidatorio dello sguardo di Lo Piccolo “però tu lo guardavi e ti faceva paura, negli occhi faceva paura...paura completamente, tu ti spaventavi, perché aveva quello sguardo proprio cattivo…”

“Secondo me io so che è... sono Torrettesidice Stanzione “però lui.. suo padre, della Torretta nato e cresciuto della Torretta”. 


E poi Stanzione si interrompe e inizia a cantare. Il Carabiniere che ha trascritto l’intercettazione ha inserito anche il verso.

Sarà stato per una bizzarra associazione di idee o solo un caso, chissà, ma dopo aver fatto riferimento a dei boss ergastolani e a delle vicende di mafia, Stanzione sembrerebbe scimmiottare il brano “La solitudine” di Laura Pausini: 

“Chissà se tu mi penserai e con l'amore mio te ne andrai…”


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